Siamo tutti dimenticabili, i 'grandi' li ricordiamo perchè bisogna portare a casa un bel voto da scuola.

Mese: Giugno 2015

Le do del lei o del té?

Il té di Kate e William con Brad e Angelina
 
È il tè party più bello della storia, anche se purtroppo non ci sono immagini per testimoniarlo. La coppia «reale di Hollywood», come la definisce People, che per primo ha dato la notizia, formata da Brad Pitt e Angelina Jolie, e le loro (vere) altezze reali britanniche, il principe William e la consorte Kate Middleton si sono incontrati a Kensington Palace per un té, venerdì pomeriggio. Si è trattata di una visita informale, nel corso della quale i quattro «hanno discusso dei loro interessi comuni», ha riferito un portavoce alla rivista americana.Angelina Jolie si trovava nella capitale britannica con il marito Brad, 52, e i figli, per partecipare a un pranzo ufficiale del Foreign & Commonwealth Office, in qualità di ambasciatrice per l’Alta Commissione sui rifugiati delle Nazioni Unite.Come scrive People, però, nonostante la tribù Jolie-Pitt fosse al completo in quel di Londra, solo i due attori hanno preso parte all’incontro a Kensington Palace con Kate e William. E anche il piccolo George ormai vera e propria star internazionale – ha mancato l’appuntamento con i due «colleghi» maggiori d’Oltreoceano.

Neanche un anno fa, forse lo ricorderete, il premio Oscar Angelina Jolie, 40, fu insignita dalla regina Elisabetta del titolo onorifico di «Dama onoraria», in virtù del suo impegno contro gli stupri di guerra. Ma per fortuna in quell’occasione c’era un fotografo a immortalare il magnifico incontro.

(Da vanityfair.it)

Cinquant’anni di Beatles in Italia

Fabrizio Frizzi aveva solo sette anni quando i Beatles debuttarono live in Italia, con il concerto del 24 giugno 1965 al Velodromo Vigorelli di Milano. Fu poi la volta di Genova e, il 27 e il 28 giugno, di Roma: il piccolo Frizzi era lì nel pubblico del Teatro Adriano ad applaudire quelli che sarebbero diventati dei veri e propri miti della scena musicale internazionale. Oggi, a cinquant’anni di distanza, il conduttore li celebrerà in diretta su Rai 3.

Un ennesimo meritato impegno per Frizzi, ed un bel momento musicale nei palinsesti nostrani. Nel corso del programma, scritto da Mario Pezzolla con Matteo Catalano e Francesco Valitutti, ci saranno collegamenti e testimonianze originali, come i filmati amatoriali realizzati in concomitanza dei concerti o i souvenir degli stessi. E poi i servizi televisivi della Rai commentati dai loro stessi autori, come Gianni Bisiach o Furio Colombo; filmati d’epoca per tratteggiare la fisionomia dell’Italia in quel momento storico nonché i commenti del pubblico, invitato nelle scorse settimane ad inviare i propri ricordi e commenti attraverso il sito ufficiale della trasmissione.

 Ci saranno inoltre coloro che erano presenti fisicamente a quei concerti, magari a costo di peripezie giustificate dalla passione per la musica dei Beatles, e molti altri che avrebbero desiderato esserci. Ci sarà, in arrivo da Nashville in Tennessee, un protagonista fondamentale per il suono del quartetto, ovvero Ken Scott, allora giovanissimo sound engineer del gruppo. Insieme a lui e ai molti fan club riuniti per l’occasione, Fabrizio Frizzi ci guiderà in un viaggio nella storia e nelle creazioni dei Beatles, con le immagini di concerti tenuti in tutto il mondo e con numerose tribute band in arrivo da tutta Italia che suoneranno e canteranno “live” canzoni che hanno fatto e fanno ancora la storia della musica.

L’attrice Laura

Laura Antonelli è morta senza tanto pubblico intorno. Non era più il tempo. Non era più il caso. Eppure è morta meglio di come moriranno tanti che si dispiacciono del suo stato di abbandono, ne approfittano per trovare belle parole e rammaricarsi, dimenticandosi di un fatto: che lei era lei, proprio così, e se le volevi bene non la molli perché sta male, e poi ha fatto scelte strane, ma in fondo sue, tutte sue.

Accidenti lei alla fine era contenta così. È morta felice, ha detto. Non lo sappiamo se sia vero. Ma meglio morire così, senza nessun ipocrita intorno, con tre-amici-tre da chiamare al telefono, una fede fanciulla in Gesù e in Dio che lei chiamava «papino», che diventare decrepiti e riveriti, con ospiti a tavola preziosissimi, con la gente in coda per venire a casa tua, e scoprire che in realtà – ma solo dopo morta – non ti voleva bene nessuno e anche i tuoi cari si sbraneranno per l’eredità.

Il libro più crudele dell’anno è quello dedicato alla donna più potente e ricercata di Roma, Maria Angiolillo, oggi diventata best-seller suo malgrado, con gli altarini esplorati insieme agli scheletri dell’armadio ( La signora dei segreti. Il romanzo di Maria Angiolillo. Amore e potere nell’ultimo salotto d’Italia , di Candida Morvillo e Bruno Vespa).

In realtà sotto sotto lo sappiamo dove sta il bene. E quale vita è giusta e buona. In questi giorni qualcuno mi dica se non ha invidiato le persone nominate nel biglietto lasciato da Laura Antonelli che era povera, poverissima, ma non era affatto incapace di intendere e volere, tant’è che è stata capace di riconoscere la gratuità e l’affetto senza tornaconto. I carabinieri hanno trovato un biglietto con alcuni nomi e accanto i numeri di telefono: «Se ho bisogno di qualcosa, cercate Lino Banfi, Claudia Koll, Gino Ciogli e mio fratello Claudio». Qualcuno di cui aveva il numero di telefono e sapeva che sarebbe corso da lei l’aveva.

Povera, sola, ma con numeri di telefono sicuri, buoni. È morta a terra con il Vangelo in mano. «Voglio andare da Gesù», sono le ultime parole che il prete ricorda. Era di una bellezza strepitosa. Risorgerà ancora più bella.

Raffaele Riefoli, ovvero Raf

 

Per raccontare l’amore ci vuole delicatezza e poesia, ma per reinventarsi e lanciare successi, anno dopo anno, serve sensibilità e passione. Un mix vincente che Raf possiede di certo, tanto che lo spazio di tempo tra la pubblicazione di un album e l’altro, lascia i tanti fan italiani in trepidante attesa, pronti ad ascoltare quando la novità sarà annunciata.

E’ accaduto di nuovo: Raffaele Riefoli ha confermato che il 30 giugno 2015 arriverà il nuovo album. Del resto, c’era stato troppo silenzio dall’ultima fatica discografica dal titolo Numeri. Ben quattro anni. Inutile dire che sui social si sono scatenati tantissimi commenti di grande entusiasmo da parte di chi ascolta i suoi pezzi da anni, interpretandone il messaggio positivo contenuto tra le rime. Prosegue, intanto, “Sono Io Tour 2015” che vedrà Raf venerdì 15 maggio all’Atlantico Live di Roma. L’artista ha annunciato che durante il concerto verrà girato il video del suo nuovo singolo “Rimani tu”, secondo singolo preceduto dal brano Come una favola (presentato al Festival di Sanremo 2015) che ha segnato il ritorno di Raf sulle scene.

Giorgia Conti, giornalista web

Lee, un Conte hard rock

Lee

A distanza di alcuni giorni dalla sua scomparsa, si vuole volgere ancora un pensiero all’inossidabile ‘Conte’, ovvero, Christopher Lee. L’attore, al momento del fatto, era ospite presso il Chelsea and Westminster Hospital di Londra. Dopo il 27 maggio scorso, data del suo compleanno, il ‘Conte’ aveva accusato problemi di salute. I medici lo avevano ricoverato a causa di problemi cardiaci.

Christopher Lee è stato un mito: nessuno, probabilmente, ha incarnato con tanta precisione il Signore dei lupi e della Transilvania boscosa e cupa. Vlad Dracul, il protagonista presentato dal romanziere Bram Stoker nel suo libro di maggiore successo, ovvero Dracula, ‘aveva’ la sua faccia, non vi è alcun dubbio. Tuttavia, l’ombra inquietante di questo personaggio romantico e tenebroso, non deve far dimenticare le altre prove cinematografiche di questo grande attore.
Nel Signore degli Anelli è stato un superbo stregone Saruman: lo si ricorderà con gli occhi scintillanti sulla stele di pietra nel vento di tempesta. La torre che lo ospitava era altissima. Anche Lee, del resto, apparteneva alla stirpe degli altissimi: insieme al suo profondo timbro vocale, proprio la sua notevole altezza lo aveva fatto preferire ad altri per il ruolo di Dracula. Oltre, va da se, all’ovvio talento recitativo. Lee è intervenuto anche nel film Lo Hobbit.
Invece in Guerre Stellari interpreta Dooku, un altro conte: un titolo nobiliare che porta gran fortuna a Christopher Lee. D’altra parte il sangue nobile gli scorreva nelle vene: sua madre era la marchesa Estelle Maria della famiglia Carandini, sfolgorante bellezza di terra italica. Suo padre era un militare dell’esercito inglese. Nonostante il divorzio, la madre volle dare a tutti i costi a Christopher e a sua sorella Xandra, un’educazione artistica importante.

Ma, per ritornare al suo massimo personaggio di successo, pare che Christopher Lee non fosse particolarmente legato a questa figura. Anche per Lee il rischio di restare ingabbiato in un unico personaggio, come capita a tutti gli attori che hanno successo in un preciso ruolo, ha avuto un chiaro peso. Comunque l’attore minimizzava e andava avanti con Vlad Dracul: la cappa nera e gli svolazzi di pipistrelli lo hanno visto ben 11 volte protagonista indiscusso.
Aveva debuttato nel 1948 per la regia di Terence Young nel film Il Mistero degli Specchi. Il successo arriverà dieci anni dopo, proprio con Dracula il Vampiro. Tuttavia la sua carriera lo ha visto oltre che vampiro anche mostro, avventuriero, detective, assassino, stregone e cardinale. Sicuramente si è specializzato nel cinema di genere, dall’horror al fantasy: in tutti questi campi ha disegnato personaggi immortali.

Ma i suoi interessi non si limitavano all’area meramente professionale. Era appassionato melomane, collezionista d’arte, e cantante; si è cimentato perfino nel metal. Il suo sguardo critico si posava ironicamente, a volte, sulle nuove leve e sulla società e rifletteva: “Fare l’attore è diventato un sogno comune. Tutti vogliono essere attori, ma essere un attore sul serio è il mestiere più duro del mondo”. Un giudizio emesso da un ironico osservatore del grande circo che si agita sul pianeta Terra.

Massimo Albertini, blogger

 

 

 

 

Giovanni Carnovali, in arte Piccio

 

Francesco Luigi Maspes cura una delle più interessanti mostre del 2015, quella che vede come primo attore Giovanni Carnovali. Giovanni, nel suo tempo, era chiamato affettuosamente il Piccio; una definizione che, perlomeno da un punto di vista della significazione, tende a sminuire la statura artistica di questo fuoriclasse dell’Ottocento. Fra i suoi committenti vi si trova la borghesia capitalistica. Questa è costituita dai nuovi esponenti di una classe in evoluzione che, a causa proprio delle origini squisitamente popolane, con difficoltà riescono apprezzare in pieno il verbo artistico di Giovanni. Tuttavia, il nostro porta avanti una sua precisa maniera di fare pittura.

Di quest’epoca romantica la Storia non fa mistero dell’attenzione che la nuova classe in ascesa spenda verso il dio denaro. Benessere, ricchezza, soldi, lusso: sono questi i valori che trovano attenzione e sollecitudine verso la loro conquista. Perché quest’affanno verso questi simboli? E’ presto detto: per ottenere il rispetto degli altri simili. Già, ma questa classe proveniente dal basso come poteva librarsi verso l’alto essendo dotata di ali di rozzo cartone e abituata, sino alla sera prima, a dire ‘sissignore’ all’aristocrazia? Quest’ultima, va da se, vedeva i nuovi grezzi ricchi con il fumo negli occhi. Disprezzavano questa gente che il giorno urlava al mercato del pesce e la sera contava i riflessi dorati delle monete che, sparse su un tavolaccio che testimoniava la povertà primitiva, aumentavano di volta in volta. Questa idiosincrasia era conosciuta dagli stessi borghesi che, pur di appartenere all’elite, studiavano mosse nobilitanti. E cosa poteva rendere più nobile di un ritratto che affidasse all’eternità l’espressione di uno che si è fatto tutto da solo? Ecco, quindi, fiorire nell’Ottocento un buon numero di ritrattisti.

Alcuni di questi artisti diverranno immortali grazie a questa tensione che i nuovi ricchi sentono nella loro psiche. Uno di loro è Giovanni Carnevali detto il Piccio. Tuttavia, nell’artista Piccio, l’aspetto meramente lavorativo legato alla pur complicata capacità di carpire la psicologia del ritrattato, non si è mai limitato a ciò che era stato contrattato. Il Carnovali andava oltre la richiesta del committente. La sua tecnica era innovativa, sciolta, liquida. Si sarebbe detto una sorta di gorgoglio di pennellate in cerca di un riposo mai trovato, ma tuttavia produttore di curiosità nel riguardante l’opera finita. Verosimilmente è lecito sospettare che tra i contemporanei il Piccio abbia avuto meno fortuna di quella che meritasse; sia tra i committenti sia tra gli appassionati d’arte dell’epoca. Non è incredibile questa tesi. Basti andare un attimo al di là del suo spettro di soggetti e osservarli con uno sguardo indagatore: ritratti, testi sacri, mitologia, pittura del passato. Certo, temi usati da tanti pittori della sua età storica, ma pochi di loro possono essere accomunati a quel trampolino artistico che avrebbe lanciato le Avanguardie storiche del primo 900: l’Impressionismo. Le pennellate di Piccio anticipano le ‘sciabolate’ pittoriche di Boldini. Così come, se si è abbastanza attenti, non è difficile rilevare nel Piccio un’evoluzione che parte dal 600 di Franz Hals. E, in tutta franchezza, non è poco per uno che si chiama semplicemente il Piccio. La mostra, presente a Milano alle Gallerie Maspes, è aperta dal 29 maggio al 28 giugno e si avvale dell’apporto della Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente.

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