Msg. n. 11 Inviato da mimmo.parisimp0 alle ore 20:01 del giorno 21/03/2014
Il grande cielo

 

Prologo

Tra il 1914 e il 1915 il poeta americano Edgar Lee Masters pubblicò sul “Mirror” di St. Louis una serie di epitaffi successivamente raccolti nell’Antologia di Spoon River. Ogni poesia racconta la vita di un personaggio, ci sono 19 storie che coinvolgono un totale di 244 personaggi che coprono praticamente tutte le categorie e i mestieri umani. Masters si proponeva di descrivere la vita umana raccontando le vicende di un microcosmo, il paesino di Spoon River. In realtà si ispirò a personaggi veramente esistiti nei paesini di Lewistown e Petersburg, vicino a Springfield (la città dei Simpson?) e infatti molte delle persone a cui le poesie erano ispirate, che erano ancora vive, si sentirono offese nel vedere le loro faccende più segrete e private pubblicate nelle poesie di E.L.Masters.
Il bello dei personaggi di Edgar Lee Masters, infatti, è che essendo morti non hanno più niente da perdere e quindi possono raccontare la loro vita in assoluta sincerità.

Ed ora quattro chiacchiere con Mimmo Parisi, autore del “Grande cielo”

D. Ciao. Da dove nasce “Il grande cielo” e come ti è venuto in mente di fare questo disco?

R. Il fatto è che sto rileggendo Spoon River che come tanti ho letto da ragazzo, avrò avuto 18 anni. Mi era piaciuto, e non so perché mi fosse piaciuto, forse perché in questi personaggi si trovava qualcosa di me. Poi mi è capitato di rileggerlo, due anni fa, e mi sono reso conto che non era invecchiato per niente, mi ripromisi che, appena qualche scintilla giusta si fosse palesata nella mia mente, ne avrei parlato anch’io. Ovviamente il rimando nel brano non si nota, sì, voglio dire che non faccio citazioni dirette, ma l’aria che si respira nella mia canzone è quella della collina americana. Rileggendolo ho riflettuto su di un fatto: nella vita, si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso o a non essere sinceri, nella morte, invece, i personaggi si Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare.

D. Cioè, tu hai sentito in queste poesie che nella vita non si riesce a “comunicare”? Quella che a me pare la denuncia più precorritrice di Masters, la ragione per la quale queste poesie sono ancora attuali, specialmente tra i giovani?

R. Sì, decisamente sì. A questo punto ho pensato che valesse la pena ricavarne una riflessione, parole e melodia, che esprimessero il mio punto di vista attuale. D’altra parte nei dischi racconto sempre le cose che faccio, racconto la mia vita, certo di esprimere i miei malumori, le mie magagne (perché penso di essere un individuo normale e dunque penso che queste cose possano interessare anche agli altri, perché gli altri sono abbastanza simili a me), sì, decisamente ho cercato di ispirarmi allo ‘spleen’ di Spoon River per mettere giù qualche verso sulla realtà che vivo io.

D. Bene, a questo punto ti chiedo una chiusura adatta a “Il grande cielo” e il suo autore.

R. Ti rispondo tra il serio, il faceto e l’autoironico, vorrei che Francesco Guccini, immenso cantautore che non ha bisogno certo delle mie congratulazioni, potesse dire di me che anch’io, al pari di De Andrè, ho capito la lezione di Lee Masters!

 

Per gentile concessione di Silvio Farnese (http://www.comunicati.eu/wp-admin/post-new.php), giornalista e blogger

Ecco il video del “Grande cielo”:

http://www.youtube.com/watch?v=F7ghHjFG8W0