Siamo tutti dimenticabili, i 'grandi' li ricordiamo perchè bisogna portare a casa un bel voto da scuola.

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Nessuno si salva da solo, storia e film

Nessuno si salva da solo, il film sui problemi di coppia e l'anoressia
Giovedì 5 marzo arriverà nei cinema italiani un nuovo, attesissimo film di Sergio Castellitto, tratto dall’omonimo romanzo di grande successo pubblicato nel 2011 da Margaret Mazzantini: Nessuno si salva da solo.Trama
Gaetano e Delia sono ex marito e moglie, con due figli a carico – Cosmo e Nico – che vivono insieme alla donna in quello che era un tempo un nido d’amore, mentre il padre si è dovuto adattare alla vita in residence. Lei biologa nutrizionista, in passato vittima dell’anoressia, lui sceneggiatore di programmi televisivi, i due decidono di incontrarsi in un ristorante per discutere della suddivisione delle vacanze con i loro figli. Ma la loro formale cena si trasforma ben presto in un lungo viaggio tra i ricordi di quella che era la loro bellissima storia d’amore, e in una dolorosa ricerca delle ragioni che hanno portato allo sgretolarsi del loro sentimento e, di conseguenza, alla separazione.
Attraverso numerosi flashback viene ripercorsa la storia di Delia e Gaetano, partendo dai primi entusiasmi, dallo sbocciare dell’amore, fino a giungere a tutti quei problemi e ai segreti che hanno portato i due ad allontanarsi sempre più.Film
Il film è carico di sentimento, di emozioni allo stato puro che arrivano a coinvolgere pienamente lo spettatore. Ma non solo: anche gli stessi attori hanno in certi momenti avuto come l’impressione di non recitare, ma che tutto fosse estremamente reale e tangibile. «Erano momenti così veri – spiega Riccardo Scamarcio – che certe volte ho avuto la sensazione di averli vissuti con grande esattezza con una mia ex. Quando finisce la stima e arrivi addirittura a dover nascondere i tuoi successi per non ferire l’altro, perché quella tua felicità potrebbe procurare un malessere, allora è proprio finita».
Questo esplodere di sensazioni vere, reali, concrete è dovuto al fatto che la storia che viene raccontata nel film è una storia comune, che accade ogni giorno sotto i nostri occhi. Quante coppie affiatate finiscono per autodistruggersi, quanti figli si ritrovano a soffrire per queste situazioni, quanti si guardano indietro chiedendosi: «Come sarebbe stato se invece di mollare avessimo resistito?». Mimmo Parisi, cantautore bolognese da sempre appassionato di film e storie di spessore, dopo aver letto il romanzo della Mazzantini, ha dichiarato che una delle frasi centrate del racconto è sicuramente “non ha senso andare in direzione opposta al tuo stato d’animo”; poi di suo ha aggiunto che “quando una coppia si infila nella nebbia, bisognerebbe cercare di capire da dove sia emanata qualla coltre separatrice”. Ma, oltre a quello legato ai problemi di coppia, c’è un altro importante tema che viene affrontato nel film: quello dell’anoressia. Si tratta di uno dei più diffusi disturbi del comportamento alimentare, delicatissimo da trattare nonché particolarmente difficile da sconfiggere.  Sempre più diffuso, in particolar modo tra le giovani ragazze, il problema può essere risolto grazie all’aiuto delle persone che ci vogliono bene e che ci aiutano ad apprezzarci per come siamo, a comprendere che il nostro corpo è bello perché è costituito da ossa forti, sì, ma anche e sopratutto da carne.  CastNel ruolo dei due protagonisti, Gaetano e Delia, troviamo Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca. Anna Galiena veste i panni di Viola, mentre Marina Rocco interpreta Matilde. I ruoli di Luigi e Fulvio sono affidati rispettivamente a Massimo Bonetti e Massimo Ciavarro, mentre Renato Marchetti, Valentina Cenni ed Eliana Miglio interpretano Giancarlo, Micol e Serena.

(Testo raccolto da Giorgia Conti, webber)

Nick Drake, artista appartato

Nicholas Rodney (“Nick” Drake) è stato un cantautore inglese.

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Con qualche mese di ritardo, ricordiamo uno dei più graditi testi pubblicati nell’anno 2014. Ci voleva un libro per tornare a parlare di Nick Drake. A raccontare, con i crismi dell’ufficialità, la sua storia, è Remembered for a while, in uscita a novembre in Inghilterra per John Murray, in occasione del quarantennale della scomparsa del songwriter britannico, ma la notizia già ha fatto parecchio rumore, accompagnata com’è da un ulteriore annuncio.
L’edizione deluxe del volume include un vinile con quattro brani tratti da una incisione per la Bbc – una delle leggendarie session radiofoniche trasmesse da John Peel – che si pensava perduta, risalente al 1969, anno in cui Drake debuttava con l’album Five Leaves Left e stava lavorando alle canzoni del disco successivo, Bryter Layter.
L’ARTISTA DI CULTO. Perché tanto interesse? Perché Drake, morto 26enne il 25 novembre 1974 a causa di una overdose – non si è mai riusciti a stabilire con certezza se volontaria o meno – da antidepressivi, pressoché sconosciuto in vita, è diventato nell’ultimo ventennio l’archetipo dell’artista di culto adottato progressivamente da un pubblico sempre più vasto.
SOLO TRE ALBUM IN VITA. La morte di Drake non fu che un trafiletto a margine – letteralmente – della vulgata musicale principale, visto che i tre album incisi in vita, incluso il commiato del 1972 Pink Moon, disco per sola voce e chitarra di rarefatta e rassegnata bellezza, vendettero pochissime copie: lavori penalizzati dall’attitudine appartata dell’autore, che non concedeva interviste e aveva smesso di fare concerti, perché, ipotizza qualcuno, le insolite accordature utilizzate rendevano le pause necessarie tra un pezzo e l’altro troppo vulnerabili al chiacchiericcio.
PARLÒ DELLA GENERAZIONE. Non accettava di misurarsi con un pubblico distratto Drake, ma allo stesso tempo era animato dal bisogno di parlare alla sua generazione, di tradurre in termini che fossero comprensibili al maggior numero di persone il proprio sguardo visionario e ipersensibile; e anche ai posteri, viste gli innumerevoli indizi disseminati nelle canzoni: quasi come se sentisse, si spinge a dire qualcuno, che la sua fama avrebbe avuto inevitabilmente un destino postumo. Un dissidio interiore, tra incomunicabilità e bisogno di riconoscimenti, che lo porterà sulla strada della depressione, con flebili tentativi di uscirne – incluso un viaggio parigino per incontrare senza esito la cantautrice Françoise Hardy – interrotti tragicamente una notte d’autunno del 1974.
LE CANZONI NEGLI SPOT. Poi, nel 1979, usciva Fruit Tree, un box antologico che incominciò a far crescere il culto. Un passaparola a lungo discreto, diffuso tra gli appassionati e i colleghi che non avevano potuto conoscerlo in tempo reale per motivi anagrafici (tra i fan Kate Bush, Robert Smith, Paul Weller, Beck), fino a quando la Volkswagen, nel 1999, scelse una sua canzone, Pink Moon, e la utilizzò per lo spot della Golf.

I suoi possibili eredi: da Elliott Smith a Sufjan Stevens

Nato il 19 giugno 1948, Nick Drake è morto il 25 novembre 1974.Nato il 19 giugno 1948, Nick Drake è morto il 25 novembre 1974. 

Da quel momento in poi i tributi si sono moltiplicati, tributi in termini di discendenza artistica (l’acustico Pink Moon pietra di paragone per qualsiasi cantautore indipendente deciso a raccontarsi in intimo dialogo con la propria chitarra, e una serie sterminata di possibili eredi, consapevoli o meno di esserlo: Elliott Smith, Sufjan Stevens, Badly Drawn Boy), ma anche documentari (A Skin Too Few dell’olandese Jeroen Bervens, uscito nel 2000, e il televisivo Lost Boy del 2004, prodotto dalla Bbc con Brad Pitt, altro fan d’eccezione, nelle vesti di narratore) e, naturalmente, biografie, tra tutte quella imponente di Patrick Humphries.
PERSONAGGIO FRAGILE. Nel corso dell’ultimo decennio sono usciti anche materiali d’archivio, un paio di antologie pubblicate 10 anni fa, Made to love magic e A treasury, quest’ultima una raccolta di registrazioni adolescenziali casalinghe le quali hanno fatto venire il dubbio che ci si fosse spinti troppo in là nell’indagare la vita di qualcuno che aveva scelto di parlare solo attraverso le canzoni.
Un caso da manuale di sfruttamento mercantile del defunto? Non esattamente, poiché in ballo c’è senz’altro anche l’indecifrabilità e la fragilità del personaggio, l’enorme fascino esercitato da un animo imploso sul quale è stato (ed è) possibile fantasticare all’infinito.
SCONTRO SULLE INCISIONI. La fame di inediti non è comunque ancora cessata: è recente la notizia che alcuni nastri in possesso di Beverley Martin (vedova del folksinger John: entrambi furono tra i pochissimi confidenti di Drake), che avrebbero dovuto andare all’asta per alcune centinaia di migliaia di dollari, sono stati bloccati dai legali della famiglia del songwriter britannico, che hanno messo in discussione la proprietà delle incisioni.
Non sappiamo se quei nastri vedranno in qualche modo la luce, quel che è certo è che, per la prima volta, con Remembered for a while sembra palesarsi la necessità di ufficializzare il canone drakeiano.
LA SORELLA NEL PROGETTO. Gabrielle, sorella celebre negli Anni 60 per aver fatto parte del cast della serie televisiva Ufo, ha lavorato al progetto per sei anni, curando e selezionando i materiali inclusi testi di canzoni autografi e lettere alla famiglia, includendo le testimonianze del produttore-scopritore Joe Boyd e di Robert Kirby, il da poco scomparso arrangiatore dei primi due album.
Il tentativo di ‘storicizzare’ e canonizzare un lascito artistico che tuttavia molto difficilmente riuscirà a mettere la parola definitiva su una storia per sua natura sfuggente, enigmatica, aperta a molteplici chiavi di lettura.

“Stairway to Heaven”? E’ nata così

Jimmy page, Il chitarrista dei Led Zeppelin rivela come uno dei più struggenti brani abbia visto la luce.

Jimmy Page racconta : «Volevo mettere qualcosa insieme che iniziasse con una fragile chitarra acustica», racconta Jimmy Page alla Bbc (vedete il video qui sopra), mentre il vinile di Stairway to Heaven gira davanti a lui.

Era il 1970 «e io stavo cazzeggiando con la chitarra acustica», dice lo storico chitarrista dei Led Zeppelin, «A un certo punto ero arrivato ad avere diversi blocchi di canzone che stavano bene insieme. Si univano con una certa fluidità. Non ci ho messo molto a capire che sarebbero stati i mattoni perfetti per costruire qualcosa che stavo aspettando da molto tempo: comporre una canzone che iniziasse piano piano, che lasciasse entrare la batteria nel mezzo e poi costruisse un grande crescendo. Sapevo anche un’altra cosa: volevo che il pezzo andasse sempre più veloce – una cosa che i musicisti non dovrebbero fare mai».

Page continua: «Quando la struttura è diventata chiara sono andato da John Paul Jones (bassista dei Led Zeppelin, ndr). Volevo che se ne facesse un’idea – era tardi, John Bonham (batteria) e Robert Plant (voce) erano usciti insieme. Ci abbiamo lavorato insieme il giorno successivo. Robert aveva iniziato a scrivere le parole e, con sua grande sorpresa, gli sono venute quasi tutte sul momento. In un attimo il 90 per cento del testo era fatto».

Stairway to Heaven, una delle canzoni più importanti della storia del rock, è stata pubblicata nel novembre 1971. Mimmo  Parisi, grande ammiratore dei Led Zeppelin, regala accordi e parole di questo brano senza tempo:

Un’ottima direzione: One Direction

 

I One Direction hanno salutato il nuovo anno da Los Angeles partecipando al “Dick Clark’s New Year’s Rockin’ Eve” con una live performance da brivido.
Iniziare l’anno con i One Direction è decisamente il miglior augurio per un 2015 fantastico. Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Liam Payne e Zayn Malik hanno partecipato alla diretta televisiva “Dick Clark’s New Year’s Rockin’ Eve” da Los Angeles. Il canale televisivo americano ABC ha organizzato due eventi live dalle due coste americane: mentre Taylor Swift ha fatto il botto a Times Square New York, i cinque ragazzi hanno salutato il nuovo anno dalla West Coast, dove si sono esibite anche Charli XCX e Iggy Azalea. I 1D sono saliti sul palco poco dopo la mezzanotte e sono stati presentati da Fergie, che ha scherzato con la band prima di farli esibire. I cinque ragazzi hanno conquistato il pubblico con hits come “Beautiful”, “Steal My Girl” e “Story Of My Life”.
 
Il cantautore bolognese Mimmo Parisi ha commentato che, mentre in Italia si festeggiava il Capodanno su RaiUno nel  modo classico, il pubblico americano ha iniziato il 2015 alla grande con i concerti organizzati dalla ABC sulle due coste americane. Da Los Angeles i One Direction, che sono anche stati brevemente intervistati prima di esibirsi – un’occasione in più per ringraziare i fan per il successo ottenuto fin’ora e per invitarli al nuovo On The Road Again Tour (dalla locandina equivoca), che per ora non tocca ancora l’Italia nonostante la mobilitazione dei Directioner italiani. I ragazzi sono apparsi molto rilassati, anche nel look. Mantenendo la loro solita armonia cromatica di base, ognuno ha sfoggiato il suo look affine alla personalità: Harry in total black slim fit come Zayn e Louis,Liam con un chiodo in pelle scamosciata grigia su nero e Niall con la camicia a quadri sulla canotta scollata. Non male come inizio d’anno, vero? Auguri! E auguri anche dal nostro connazionale Mimmo Parisi che annuncia, tra pochi giorni, l’uscita del suo nuovo album targato 2015.

 

Dal passato bussa Ben Hur

In Italia è arrivato un ospite, viene dal passato e si chiama Ben Hur: pronti i preparativi per il remake a Cinecittà. È di questi giorni la notizia sul kolossal che fece brillare, in passato, la stella di uno dei più rappresentativi attori mondiali, Charlton Heston. Il film è l’ultra conosciuto Ben Hur. Per il 26 febbraio del 2016 gli americani potranno armarsi di pop corn e voglia di cinema per gustarsi la nuova versione della pellicola. L’evento è senza dubbio di rilevante portata per la cinematografia. Tuttavia, per la terra italica in preda al tunnel della crisi economica, l’aspetto artistico non è l’unico ad attirare l’attenzione.

Infatti, negli studios di Cinecittà e già dal prossimo febbraio, la Metro Goldwyn Mayer sarà in attività affinché la distribuzione della pellicola sia pronta per il 2016. La scelta della location operativa italiana ha straordinariamente messo in moto un numero importante di individui. Attori? Gente che ama apparire? Persone che credono il set di Ben Hur l’ennesimo reality dove mettere in mostra le proprie (in)capacità? Può essere che ci siano tutte queste tipologie. Comunque quello che importa è rilevare come, in questo momento storico, l’aspetto “impiegatizio” momentaneo offerto dall’evento, pare addirittura superare il mito dell’apparire. In passato e in situazioni anch’esse economicamente sfortunate, la conquista del cestello delle comparse di Cinecittà è sempre stata praticata. Tuttavia, era sempre legata anche a un’inconscia speranza di essere notati, e qualcuno c’è riuscito. Questa volta la situazione sembra diversa.

Nei servizi dei vari tg è apparsa una marea di persone. A fare la fila c’erano individui dalle diverse età, culture, look, gusti. Interrogati sulla ragione della loro presenza, i più non hanno avuto alcuna esitazione a citare la mancanza di lavoro come principale imput. Alcuni ispiravano particolare simpatia. Quando l’addetto alle foto li metteva in posa, le aspiranti comparse sfoggiavano il loro miglior sorriso e si tiravano la giacca, come se l’essere scelti o meno dipendesse dal baluginio dei denti o dalla tiratina al capo di vestiario. Insomma, per un duro pretoriano di Roma nessuno si aspetta il sorrisino della prima comunione, o sì? In ogni caso, la partecipazione è veramente notevole. Quindi, per quanto limitato, un aiuto all’Italia dei disoccupati verrà dal mai dimenticato Ben Hur. Ben Hur ci salverà. Fin dove può.

La versione originale di quest’opera risale al 1959; il film fu vincitore di ben 11 premi Oscar. Ovviamente il remake si avvale di una nuova sceneggiatura, scritta da John Ridley. In estrema sintesi il film tratta della Gerusalemme in cui Ben Hur cresce. In seguito, quando la città è conquistata dall’Impero romano, Ben Hur incontra Gesù e si converte al Cristianesimo. Il nuovo Ben Hur sarà Jack Huston. Alla regia troviamo invece Timur Bekmambetov. Nel cast ci sarà anche l’ottimo Morgan Freeman. Tutto questo sarà possibile grazie e consequenziale alla pubblicazione del decreto ArtBonus, con un investimento di ben 150 milioni di euro da parte di Paramount e Metro Goldwyn Mayer. Mimmo Parisi, cantautore appassionato oltre che di musica anche di film validi, ha commentato che, quando l’opera sarà disponibile per la visione, “Molti ragazzi  che hanno apprezzato Il Gladiatore di Massimo Decimo Meridio, sicuramente troveranno in Judah Ben Hur un altro eroe collegato alla Roma dell’Impero e dei mantelli purpurei”. Non secondario, ha aggiunto il cantante rock, “Questo principe ebreo, tradito dal suo amico d’infanzia Messala, si sta mostrando insperato datore di lavoro”.

Carla Tedeschi, webber

Reed, cantautore americano

Lou Reed, cantautore americano
 
Il 27 ottobre di un anno fa, Lewis Allan Reed, ovvero Lou Reed, lasciava il mondo che aveva conosciuto e combattuto. Il suo ultimo commento fu “Tomorrow I’m smoke”, “Domani sarò fumo“, una riflessione finale degna della sua penna caustica e poetica nello stesso tempo.

Lewis era nato a Brooklyn il 2 marzo del 1942. Il ragazzo nasce da famiglia bene, tuttavia la sua indole ribelle diventerà un problema per tutti, in primis per lui stesso. La scuola, l’autorità, il conformismo, la normalità e tutti quegli usi e costumi atti a forgiare un cittadino modello o perlomeno accettabile per la società, sono tutti enti sentiti da Allan come corde di canapa che gli sconvolgono le membra. Perchè essere inchiodato alla croce della società perbenista? Questo si chiede Lewis che sentiva di essere nato libero; non si sentiva una volpe con la zampa incastrata nella trappola dei cacciatori di frodo, bensì un ragazzo con tanti progetti di vita. Una vita a modo suo, ma una vita: d’altra parte cosa avrebbe dovuto programmare, una vita a modo d’altri?

Comunque sia e come c’era da aspettarsi, Lou Reed fu osteggiato nei suoi propositi personali. I suoi genitori tentarono di tutto: sedute con psicologi, elettroshock e quant’altro. I risultati furono distruttivi. Droghe varie e alcol diventeranno per Lewis i farmaci coi quali tentare un’auto medicazione nei momenti critici, ovvero tutti i giorni e tutti gli anni (esclusi i tentativi di ‘purificazione’ sanitaria fatti in qualche centro come già altri colleghi avevano tentato con alterna fortuna).

L’unico farmaco che riesce a sostenerlo è la musica, o, meglio, l’arte dell’esercizio del pensiero. Molti, parlando di artisti rock, citano la ‘musica salvatrice’, creando nel lettore confusione; la musica come esisteva all’epoca di Amilcare Ponchielli è un reperto superato, quindi si dica che è l’attività artistico/creativa che caratterizza personaggi come Lewis Allan Reed.

Lou Reed, insieme ai Velvet Underground, porta avanti un discorso rock particolarmente originale e fedele alle premesse. Nel 2003, il poeta Lou Reed con il doppio cd The Raven, rilegge a suo modo un altro poeta, Edgar Allan Poe. Ospiti pregiati di questo lavoro sono Ornette Coleman, David Bowie, Willem Dafoe.

In Italia, accostabili al suo approccio che predilige la poesia e la disillusione presi dal mondo della strada, troviamo diversi artisti che, in misura diversa, si sono ispirati alla sua figura: Edoardo Bennato con Un giorno credi, Ligabue con Urlando contro il cielo, Alberto Fortis con Milano e Vincenzo, Mimmo Parisi con Il grande cielo, Carboni con Inno nazionale e altri.

Vale la pena segnalare che, a omaggiare la memoria di Lou Reed, il 18 ottobre in Italia, precisamente al Teatro della Concordia di Montecastello di Vibio, si è esibito il bassista storico del cantautore americano, ovvero Fernando Saunders che ha eseguito alcuni brani di Reed. Il bassista, proprio grazie all’esperienza maturata con Lou, ha nel tempo poi collaborato con Marianne Faithfull, Steve Winwood, Eric Clapton, Jimmy Page, Joan Baez e persino Luciano Pavarotti.

Per dicembre sarà reso pubblico se il compianto Lou Reed, avrà la possibilità di apparire come personaggio nella famosa Rock And Roll Hall Of Fame. Parafrasando un adagio abusato, si potrebbe dire che la prima band non si scorda mai; la sua prima band si chiamava The Shades e Lou, l’anno scorso, vi è rientrato: per lui era arrivato il tempo di ritornare a essere ‘shade’, ombra.

 Diego Romero, giornalista web

Braveheart aspetta la prossima occasione

Braveheart deluso

I no hanno vinto con 10 punti di vantaggio sugli avversari. Il 55% dei voti non ha voluto l’indipendenza della Scozia, l’affluenza record è stata ben dell’84 per cento. David Cameron è, nella sua soddisfazione, comunque già avanti con il tema, infatti pensa di dare le possibilità di “devolution” a queste forze autonomiste che sono sicuramente da tenere in considerazione. Oltre alla Scozia, anche l’Irlanda del Nord e il Galles potrebbero usufruire della visione progressista di Cameron. Infatti, oltre alla stessa Union Jack della Regina, anche il resto dell’Europa era in fibrillazione per i risultati di questo referendum made in Scozia. In caso di separazione le ripercussioni, si temeva, sarebbero state se non catastrofiche, perlomeno di importante rilievo per tutte le nazioni europee, prima, e extraeuropee dopo, visto che il mondo attuale è pur sempre eurocentrico. Almeno finché i Paesi dell’area cinese e giapponese non s’impossesseranno del mercato globale.
Se si pensa all’attimo prima del voto, ci si può rendere conto di come la situazione non fosse di facile previsione. Le pulsioni secessionistiche erano troppo pressanti per pensare a una loro defaillance. D’altra parte le forze reazionarie e, perlomeno da un punto di vista folcloristico e monarchico, quindi reali, hanno avuto da sempre uno spessore di grande resistenza alle spallate contrarie. Qualche dubbio di valore attuale era tuttavia nato in seguito a un evento/novità: il voto accordato ai cittadini anagraficamente legati alla qualifica di sedicenne.
Già, infatti, per qualcuno, l’opportunità di dare anche ai sedicenni la possibilità di partecipazione alla vita politica della nazione Scozia, era un vero punto interrogativo e uno spauracchio di non poco conto. È notorio come quell’età sia volubile. A tuttora non si hanno studi che segnalino la percentuale di votanti di quell’età che abbia scelto un fronte o l’altro, tuttavia, nel brevissimo futuro, sapremo se i sedicenni hanno avuto in simpatia la medievale Regina o avrebbero preferito vincere con Mel Gibson alias Braveheart.
A proposito di Braveheart, ad Agorà, solo alcune ore fa, è intervenuto Salvini che ha dichiarato di essersi recato in terra scozzese per rendersi conto di come ci si comporti in questi frangenti di scelta politica da parte della gente. Il signor Matteo Salvini è rimasto sconcertato e favorevolmente colpito dalla civiltà esistente tra i fautori del no e quelli del sì, quindi ha auspicato che qualcosa del genere avvenga in terra italica. Il dubbio ora è: ma il signor Salvini ha coscienza del partito (ovviamente, per i più distratti, è la Lega) nel quale milita e dei modi garbati imperanti in esso? Nell’attesa della risposta, si conclude che, per quanto la voglia di affrancarsi dalla nave madre sia, nella Scozia e in Lombardia, un segno comune di convergenza, Mel Gibson (Braveheart) e Salvini (Salvini), siano del tutto personaggi incompatibili.

 
A cura di Pietro Armani

Fabi-Silvestri-Gazzè, un trio… trionfale!

 

Il padrone della festa, dal 19 settembre

(ANSA) – ROMA, 29 LUG – “Il nostro disco non e’ piu’ solo un’idea, un esperimento, un’ipotesi. Ora c’e’ davvero, e ha anche un titolo. Persino una copertina”. Daniele Silvestri, a nome anche di Niccolo’ Fabi e Max Gazze’, ha annunciato sui social network la fine del lavoro in studio dell’inconsueto trio. E pezzo dopo pezzo, il puzzle del progetto musicale che vede riuniti i tra artisti romani, si va cosi’ componendo. I fan sono stati i primi a scoprire copertina e titolo dell’album che uscira’ il 19 settembre per Sony Music: Il padrone della festa. Sulla cover campeggia un albero rovesciato, con le radici – sulle quali sono incisi i nomi dei tre – che prendono il posto della chioma e viceversa. Ma basta girare l’immagine di 180 gradi e la prospettiva cambia. Dai rami penzolano un cuore pulsante, una mano con l’indice puntato, un nido con un uccellino, una bottiglia di veleno, un guerriero a cavallo, una farfalla, un paio di forbici e dolciumi di vario tipo: un albero della vita teorizzato dalla superband.

I tre, nella loro carriera, hanno incrociato piu’ volte le loro strade, come le radici dell’albero, ma e’ la prima volta che danno vita a un progetto unitario che raccoglie la loro storia, le loro esperienze: nel disco ci sono brani cantati e suonati a sei mani con tutto l’entusiasmo e la voglia di scrivere di quando si inizia. “Sappiamo che stavate aspettando da mesi di sapere qualcosa in piu’ – scrivono i musicisti sulla pagina Facebook dedicata al progetto -. Vi abbiamo messi al corrente di quasi tutto, fra ospiti e chicche dallo studio di registrazione, cantanti ballerini, microfoni famosi e qualche strana incursione. stato un viaggio fatto anche insieme a voi. Questo viaggio da oggi ha un nome ed e’ tutto in un’immagine”. Poco prima di pubblicare foto e titolo del disco, che dopo il primo singolo “Life is sweet” sara’ anticipato da “L’amore non esiste”, dal 22 agosto in radio e store digitali, Daniele Silvestri commentava cosi’ in un post: “Missione compiuta. La prima fase, quella piu’ nascosta e “intima” (scrittura, esperimenti, poi registrazioni, arrangiamenti, missaggi..) si e’ appena chiusa. E a breve iniziera’ la seconda, diametralmente opposta, in cui ci affacceremo sul mondo per gettarvici dentro. E sara’ li’ che cominceremo a capire se la nostra piccola grande scommessa ha avuto senso o no. Anche se a dire il vero, per noi e’ gia’ ampiamente valsa la pena di farlo, e vi assicuro non era scontato”. “Da questi mesi di laboratorio musicale usciamo stanchi ma molto soddisfatti – ha scritto ancora il cantautore -, forse persino orgogliosi del nostro lavoro. Adesso io e i miei due colleghi capelloni ci prenderemo qualche giorno per ricaricare le batterie”.

“Il padrone della festa” uscira’ contemporaneamente anche in Francia, Germania, Spagna, Belgio, Olanda e Svizzera e da settembre la superband sara’ impegnata in tour: prima sui palchi europei (26 settembre in Germania a Colonia; il 27 a Berlino; il 30 a Parigi; il 1 ottobre a Londra; il 3 ottobre Bruxelles, il 4 Amsterdam, il 9 Valencia, il 10 Madrid, l’11 Barcellona), poi nei palasport italiani. Il 14 novembre Fabi, Silvestri, Gazze’ saranno a Rimini (105 Stadium), il 18 a Roma (Palalottomatica), il 21 a Modena (Palapanini), il 22 a Padova (Palafabris), il 24 a Milano (Mediolanum Forum), il 28 a Napoli (Palapartenope) il 3 dicembre a Firenze (Nelson Mandela Forum), il 5 a Torino (Palaolimpico). (ANSA).  Ovviamente l’autunno targato 2014 non si limita ai tre moschettieri delle note, ma si arricchisce anche con altre novità. Infatti aspettiamo anche la nuova produzione di Marco Ligabue, Grignani  e Mimmo Parisi. Quest’ultimo, cantautore bolognese con venature rock, ha già in circolazione un singolo che si chiama “Dammi una mano”.

I Dear Jack e le loro canzoni

Svelata la tracklist del disco dei Dear Jack: 8 canzoni in “Domani è un altro film”Dear Jack pronti al rilascio dell’album d’esordio: svelata la tracklist.

2 maggio 2014 di Cinzia Del Prete
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Le canzoni incluse nel disco d’esordio dei Dear Jack saranno in tutto 8, incluso il primo singolo Domani è un altro film, lanciato ad Amici di Maria De Filippi e presentato per la prima volta nel corso del quinto serale.
Il disco d’esordio della band dei Dear Jack, capitanata dal giovane Alessio, uscirà su etichetta Baraonda e conterrà 8 tracce delle quali è stato divulgato il titolo.

Il CD si apre con Domani è un altro film, la traccia che già conosciamo e che vanta la firma di Piero Romitelli e la produzione di Francesco Kekko Silvestre dei Modà. Sfumata l’ipotesi Sony Music: l’appoggio da parte di Alessandra Amoroso non significa che il gruppo faccia parte della sua stessa etichetta discografica.

La seconda traccia inclusa si intitola Ricomincio da me e poi c’è Irresistibile, seguita da Anima gemella. La quinta traccia si intitola Wendy e poi abbiamo Esisti solo tu e La pioggia è uno stato d’animo. Ultima traccia, ottava canzone del disco d’esordio dei Dear Jack, è Una lacrima.
I titoli dei brani hanno rapidamente fatto il giro del web: tanta è l’emozione di conoscere le canzoni esatte che andranno a comporre il primo disco del gruppo più amato di Amici 13 e ancor più forte è quella di poterlo acquistare tra pochi giorni, il 6 maggio. Altre notizie arrivano dal fronte bolognese. Qui, per l’autunno o per fine estate, si attende il nuovo album del cantautore Mimmo Parisi il quale, insieme a Marco Ligabue e Gianluca Grignani, ha licenziato come assaggio della nuova produzione, un singolo che, nel caso di Parisi, si chiama Dammi una mano.

Fogerty forever

Ha invocato la pioggia di Woodstock e alla fine è arrivata. È figlio di quella generazione imbattibile, quella che ti fa dire “Ma come fa?”, suona con la facilità di chi non ha mai fatto altro ed è capace di far divertire chiunque
     
8 luglio 2014
                                                                                John Fogerty, foto Getty Images
Di Michele Primi
Ha invocato la pioggia di Woodstock e alla fine è arrivata. John Fogerty, 69 anni portati con grinta, capello tinto, voce intatta e camicia di flanella blu (in vendita nel merchandising), una raffica di chitarre Gibson, Fender e Ibanez con il volume alzato al massimo a tagliare assoli e una band di ragazzini (tra cui suo figlio Shane) che hanno imparato a suonare le canzoni dei Creedence Clearwater Revival prima di imparare a scrivere, ha rovesciato su Milano mezzo secolo di storia della musica popolare americana. Born on the Bayou, nato sul Bayou, il marchio di fabbrica delle paludi del Sud, tra Mississippi e Alabama, dove in realtà John non è nato, ma dove da sempre va a cercare le sue radici.
Come nel video di Mystic Highway dall’ultimo album del 2013 Wrote a Song for Everyone: lui a bordo di una Dodge rossa scassata in giro sulle strade dell’America profonda, tra boschi e pascoli, in mezzo ad altra gente vestita con la camicia di flanella come lui. John Fogerty in realtà è nato a Berkeley, è cresciuto nella San Francisco degli hippy e ha formato il suo spirito ribelle scappando dalla guerra in Vietnam, che lo ha lasciato vivo e con addosso solo la ferita della perdita di molti amici ed una canzone, Fortunate Son. Creedence era il suo compagno di scuola Creedence Newball, Clearwater la pubblicità di una birra, Revival tutto quello che aveva e che ha ancora da dire.
John Fogerty è figlio di quella generazione imbattibile, quella che ti fa dire “Ma come fa?”, suona con la facilità di chi non ha mai fatto altro ed è capace di far divertire chiunque, sia che si trovi davanti un raduno di cowboy del Texas che il pubblico inzuppato dell’Ippodromo di Milano. «Grazie per essere rimasti sotto la pioggia» dice dal palco. Non è mai stato qui, ma non importa. Come ha fatto il suo allievo prediletto Bruce Springsteen anni fa a San Siro sotto al diluvio (quando cambiò la scaletta per fare Who Will Stop the Rain dei Creedence), John ringrazia suonando ancora più forte: la pioggia comincia con Have You Ever Seen the Rain?, lui ha già fatto i classici Suzie Q, Green River e I Heard it Through the Grapevine e spara a raffica Down on the Corner, Up Around the Bend, Bad Moon Rising e Proud Mary, e poi se ne va. Senza aggiungere altro, perché di fronte alla storia non ce n’è bisogno.
La storia, in Italia, continua con il cantautore bolognese Mimmo Parisi. Per l’autunno, oltre alle gocce di pioggia per l’estate ormai fuori portata, aspettiamo di questo autore appassionato nuove canzoni. Come apripista conosciamo intanto le note e la storia di Dammi una mano, brano già presente sulla rete (anche con il video che possiamo vedere sul canale Youtube di Mimmo Parisi). Per quelli che, giustamente presi da attacchi di vacanzite acuta, non hanno avuto orecchi ed occhi per le novità, ricordiamo che Dammi una mano ha come tema principe, la disabilità. Soprattutto da parte di chi pensa che il mondo sia un luogo dove starsene senza essere convocati dai problemi veri.
                                                               Mimmo Parisi, foto Getty Images

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